Allievo vicebrigadiere della Pubblica sicurezza Settimio Passamonti

Roma, 21 aprile 1977: giornata tesissima sul piano dell’ordine pubblico. Per l’ennesima 12volta era avvenuta l’occupazione di alcune facoltà universitarie ad opera di “studenti” dell’ala più oltranzista della sinistra extraparlamentare, Autonomia Operaia. Già dalla prima mattina la Polizia era intervenuta con mano pesante, ma del resto quelli erano gli ordini in un frangente socio-politico che stava facendo tremare le vene ai polsi all’intero governo il quale si era accorto ahimè troppo tardi di come la situazione generale in Italia gli stesse scivolando di mano.

Il Ministero dell’Interno schierò in strada tutti gli uomini disponibili: Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza. Tra i poliziotti era andato a “pescare” anche gli allievi sottufficiali della Scuola di Nettuno che dovevano essere praticamente intoccabili proprio perché frequentatori di un corso di formazione professionale. Ma in quegli anni non si guardava in faccia a nessuno: non solo allievi sottufficiali, quindi già poliziotti a tutti gli effetti, ma anche allievi guardie, ragazzini che dovevano ancora prestare giuramento, privi delle pistole di ordinanza ma ugualmente considerati valide braccia (o carne da cannone) da buttare nella mischia. Tra di loro, anche un giovane ventitreenne, Settimio Passamonti della scuola Allievi sottufficiali di Pubblica Sicurezza di Nettuno.

Si era svegliato presto, Settimio Passamonti, appena rientrato da una settimana di vacanza in occasione della Pasqua trascorsa con la sua famiglia. Assieme ai colleghi della 3^ compagnia aveva fatto colazione nella mensa di servizio e poi tutti assieme erano saliti sui torpedoni che li avevano portati a Roma mentre il cielo ancora albeggiava. Neanche il tempo di ricevere le disposizioni da parte dei funzionari, che dall’università arrivano le prime sconfortanti notizie: una giornalista americana, Patricia Barnie, che si era avvicinata ai cancelli dell’ateneo per assistere a un’assemblea improvvisata per documentarne i contenuti, era rimasta ferita alla gamba da un colpo di pistola esploso da un gruppo di autonomi che non avevano “gradito” la sua presenza: si guadagnerà una prognosi di 60 giorni salvo complicazioni.

Un brutto affare.

Partono le cariche, il grosso dei manifestanti sembra disperdersi nel dedalo di strade che circondano l’università. Da quel momento la giornata si trascina tra una manifestazionescaramuccia e l’altra: la tensione sembra allentarsi, molti degli studenti capiscono che non è la via dello scontro fisico la più idonea ad essere percorsa e una delle prime “radio libere” consiglia loro di radunarsi alla facoltà di  Architettura per un dibattito. Ma ci sono ancora loro, gli autonomi. Alle 14:20 ricompaiono più agguerriti che mai: lanciano le prime molotov, forse anche una bomba-carta che manda in frantumi alcune vetrine; si sentono ancora colpi di pistola e il sibilo sinistro dei proiettili fa capire che la storia è ben lontana dall’essere conclusa. Del resto la Polizia lo sapeva già da prima: gli autonomi sono imbruttiti dalla morte dello studente Pierfrancesco Lorusso, ucciso da un colpo di pistola esploso da un carabiniere nel corso di una manifestazione di piazza avvenuta a Bologna l’antecedente 11 marzo. Cercano vendetta. Altre cariche, altro fuggi-fuggi. Quando la situazione sembra essersi nuovamente stabilizzata, il contingente di cui fa parte  Settimio Passamonti riceve l’ordine di sgomberare la strada da quattro veicoli dell’ATAC abbandonati precipitosamente dai loro occupanti. I ragazzi si avvicinano ai mezzi pubblici, ma ecco che un nuovo gruppo di scalmanati travisati da passamontagna ricompare improvvisamente da sotto i portici. La tecnica guerrigliesca di Valle Giulia di quasi un decennio prima non deve avere insegnato molto perchè i poliziotti vengono colti di sorpresa da un nuovo lancio di molotov. E da una grandinata di proiettili. Improvvisamente da via Marracini si stacca un giovanepassamonti settimio 2vestito di nero che si apposta dietro una “Cinquecento” azzurra: ha in mano una grossa pistola, forse una Luger, prende la mira e spara: a terra restano tre agenti e un carabiniere. Uno degli agenti è proprio Settimio Passamonti che muore lì, in mezzo a una strada, in via Stintino, colpito da due proiettili al torace. Un testimone dirà: “L’ho visto girar su se stesso come un birillo e cadere a terra senza un grido”. Pare anche che ci sia un altro morto, l’allievo sottufficiale Antonio Merenda che cade a pochi passi da Settimio in un lago di sangue: un proiettile lo ha centrato al volto entrando in bocca e conficcandosi nel cranio proprio a ridosso di una delle vertebre cervicali. Il poliziotto si salverà, un autentico miracolato.

I colleghi degli agenti a terra sfidano la morte e trascinano i corpi dei colleghi sotto un altro inferno di proiettili mentre altri agenti rispondono al fuoco. Solo a quel punto gli phoca_thumb_l_op 1977 21 aprile roma scontri morte settimio passamonti 9autonomi si disperdono. Una mano anonima, durante la notte, cerchierà con lo spray la macchia di sangue versato da Passamonti scrivendo molto eroicamente ”Qui è caduto un carrubo, il compagno Lorusso è vendicato!”. Manco sapevano a chi avevano sparato…. Stessa cosa dove è caduto Merenda, solo che qui l’audace scrittore, dopo avere vergato la frase “La dc colpisce ancora” deve essere stato interrotto mentre firmava il suo epitaffio con la sigla AutOp..

Settimio Passamonti? Era un giovane poliziotto originario di Roseto degli Abruzzi, vicino a Teramo, ove era nato il 20 luglio 1954. Rimasto orfano del padre, si era stabilito con la madre e cinque fratelli a Mosciano Sant’Angelo. Nel 1973, appena compiuti i 18 anni, si era arruolato nel Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza frequentando il corso di formazione presso la Scuola Allievi Guardie di Trieste. Era stato poi destinato a Senigallia e successivamente trasferito a Cesena e Cremona prima di superare il concorso per vicebrigadiere: come tanti giovani mandava a casa quasi tutto lo stipendio per garantire alla madre e ai fratelli più piccoli un’esistenza dignitosa. Aveva poi vinto un concorso interno per vicebrigadiere e da poco aveva iniziato il corso di formazione a Nettuno. Una vita ancora di fronte, una promettente carriera da percorrere. E invece no…

Il resto fa parte dell’ormai trito repertorio fatto di cordoglio delle autorità, dello sdegno funerali settimiodei cittadini piccolo-borghesi, dei funerali di stato e di centinaia se non migliaia di altri poliziotti furibondamente incazzati per l’ennesimo inutile caduto. I giornalisti vengono aggrediti verbalmente a muso duro da agenti che urlano loro in faccia tutto il disagio della categoria: “Siamo stanchi di crepare per poche lire! Vogliamo difenderci!”. E ancora, riferiti al magistrato di turno che si congratulava con un funzionario per come era stata gestita la piazza, “Loro si fanno i complimenti mentre noi per loro moriamo!”. Una guardia strappa rabbiosamente il rullino dalla macchina fotografica di un reporter gridandogli: “Cosa scrivete? Chè tanto la mettete sempre come pare a voi!”.

Cossigal giorno successivo il governo vietò tutte le manifestazioni nel Lazio per un mese ed il Ministro dell’Interno Francesco Cossiga annunciò il provvedimento alla stampa dichiarando: “Deve finire il tempo dei figli dei contadini meridionali uccisi dai figli della borghesia romana”.

Le indagini non portarono alla identificazione dei responsabili e l’assassinio di Settimio Passamonti rimase impunito”.

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